Offerta dell'ultimo minuto

Alessandro Raveggi
2011
Né la mia stazza né la mia età mi permettono in fondo di considerare vani gli sforzi per convincere il passeggero seduto davanti al mio posto lato corridoio di questo Boeing, diretto in una città dove mi farò curare per l'ennesima volta da un male tentacolare, che dovrebbe estinguermi entro pochi mesi. E per il quale molti amici hanno considerato inutili i miei frequenti sperperi di denaro. Il passeggero in questione, del quale lo steward nero, dai denti perfetti come mentine, non si è accorto
more » ... ella posizione scorretta dello schienale, ora che siamo al decollo -e gli annunci hanno più volte insistito sulla corretta posizione dello schienale -è proprio quella bionda insipida dal naso pronunciato e la zazzera tagliente, che al gate numero 3 mi ha rivolto sfuggente alcuni bocconi di parole. Domandava, inciampando tra un tu e un lei di cortesia, dove fosse la toilette. Quindi se fosse quello il gate numero 3. L'aveva domandato in quel modo, come per attaccare una conversazione lasciata in sospeso da anni con un caro amico, al quale si vuole fare il gioco del cù-cù-guarda-chi-si-rivede. Perché il cartello verde della toilette come il 3 luminoso del gate erano ben evidenti sotto il suo occhio dal grigio esangue. Lei ha indugiato su quel tu e quel lei, si è confusa solo per riprendere il filo o temporeggiare, o anche semplicemente per cercare qualcuno con cui condividere la noia di due ore ciondolanti tra i cartelli del duty free, con un bagaglio a mano un po' troppo furbo, stretto, lungo e zeppo, in un aeroporto dove dominavano lugubri lastre ospedaliere alle pareti. Bandelle disgustose giallo pallido che ho scrutato, mentre lei vi scorreva sovrimpressa, deambulando da una parte all'altra, dandomi occhiate e poi, infine, venendo a parlarmi. Trovava una forte attrazione inconfessabile nei miei confronti? Il suo viso ancora giovane si tagliava già come una donna slava, e magari aveva voglia di spassarsela con un vecchio malato e claudicante. Non credo adesso però di piacerle, perché lei, facendo soffrire il suo sedile, lei la donna seduta davanti a me, non si preoccupa ora se sta premendo, se sta schiacciando il sedile sulle mie ginocchia, che, per quanto circondate da cuscinetti adiposi, sono sempre ginocchia di un sessantenne e passa, messo non proprio bene. Lei si stira, ignorata da qualsiasi steward o hostess che potrebbe redarguirla. Nessuno la sfiora e la considera, dal momento in cui ha deciso di molestarmi. Ha deciso di sedersi sul mio corpo, aggiustando a piacimento il suo comfort. Vi si adagia. Causa così l'instabilità emotiva del decollo, quando il distacco da terra potrebbe risultare fatale, polverizzando come cornflakes zuppi di sangue tutti i passeggeri in una caduta goffa e sbilenca dell'aeromobile, una fantasticheria, che aveva già altre volte attraversato la mia mente, una foglia infetta e solleticante, ritorna quindi a solleticare: che io stia entrando in contatto definitivamente con la Parca, la donna impietosa che mi estingue da dentro con uno dei suoi tanti accoliti tentacolari, distribuiti per il mondo a farle il servizio. Stavolta è venuta a ritirare personalmente il conto, a portarmi lo scontrino e ad avere il resto. La Parca, contro la quale ho speso molti dei mie quattrini come in un campagna politica tra outsider ecologisti
doi:10.6092/2037-4445/1507 fatcat:mggw6nifybfpjnkvnasy647kpm