Commento a: Christopher Bollas , Se il sole esplode. L'enigma della schizofrenia, Raffaello Cortina, Milano 2016

Di Manciocchi
unpublished
Trovo estremamente stimolante poter presentare il lavoro di un clinico 'pensante' come Christopher Bollas che-con i suoi testi già pubblicati in passato ma, in particolare con quest'ultimo, appena uscito per Raffaello Cortina-dimostra, a mio modo di vedere, di essere uno dei più grandi psicoanalisti contemporanei. Qui Bollas non strizza l'occhio a nessuna 'scuola di psicoterapia' particolare né, tantomeno, a una presunta 'scientificità' della psicoterapia ma, al contrario, cerca faticosamente e
more » ... coraggiosamente di evidenziare quanto il lavoro psicoterapeutico con pazienti diagnosticati come 'schizofrenici', possa risentire troppo facilmente dell'attuale clima unilateralmente riduzionistico che riporta, a volte fanaticamente e irriflessivamente, lo psichico al cerebrale. Il suo linguaggio trasporta chi legge in una condizione che assomiglia a una supervisione con uno psicoterapeuta esperto, che grato alle idee dei propri maestri, ne alimenta in profondità le intuizioni, le ridiscute e le rinnova alla luce del confronto con quelle particolari personalità che si trova ad incontrare nella sua attività quotidiana. Chi legge non può che rincuorarsi di fronte al tentativo di riportare una lunga esperienza che mostra la possibilità di uscire fuori da quello che appare come un automatismo ormai consolidato che, sempre più spesso, scatta nel trattamento delle psicosi: diagnosi, presa in carico farmacologica, contenimento in una struttura più o meno efficiente, il tutto condito con un sentimento di inevitabile 'rassegnazione distanziante' che volente o nolente finisce per isolare il paziente, anche quando (per un esordio precoce in adolescenza, ad esempio) potrebbe essere fondamentale trovare ascolto in un terapeuta disposto a una lunga, paziente, accoglienza. Nella prima parte del testo Bollas tenta proprio un'operazione opposta a questa: riapre fenomenicamente lo spazio del problema schizofrenico sottolineando alcune importanti differenze come quella fra 'follia' e "psicosi", con parole sue: «Gli schizofrenici sono psicotici ma non sono folli. In generale la follia li spaventa moltissimo e possono addirittura diventare fobici rispetto alla possibilità di venire in contatto con essa (...) Gli scritti di Sofocle o Shakespeare non parlano di psicosi, bensì di follia (...) follia fa riferimento al crearsi di una situazione caotica provocata dall'acting-out di fantasie inconsce ». 1 L'autore ci riporta così alla possibilità di presa in carico attraverso una talking cure non caratterizzata da 'onnipotenza incosciente' ma da una dolorosa coscienza (umanisticamente orientata) del fatto che la terapia non arriverà mai a celebrare un punto di arrivo, o il raggiungimento di una presunta 'normalità' ma potrà condurre il paziente (e il clinico) a rivedere una serie di assunti che caratterizzano la loro condizione umana. A partire da tale presupposto Bollas ci regala immagini dense della misteriosa e sfaccettata angoscia che questi pazienti provano così come le loro più ricorrenti strategie volte a tenerla a bada, affannandosi a costruire e ricostruire una nicchia di sopravvivenza in un mondo 1 Ivi, p. 23.
fatcat:exzsgw4jp5cbpmmxsgsh6x2pma