La «Fedra» di Seneca-Sanguineti: rilettura di una traduzione per la messinscena

Sara Bandiera
2014 ERGA-LOGOI - Rivista di storia letteratura diritto e culture dell'antichità  
The purpose of this study is to fill a gap about Edoardo Sanguineti's translations in the current bibliography. Despite the fact that Friedmar Apel's method brings a sweeping change to research in the field of translation studies and many works about Sanguineti's activity have been published in recent years, an overall analysis regarding Seneca's Phaedra still doesn't exist. The drama was translated for Luca Ronconi's theatrical production, performed at Teatro Stabile di Roma in 1969. Both play
more » ... and translation were harshly criticized for their rhetoric, declamation and forceful emphasis: the same critics were directed to the original text. This study tries to show that Sanguineti perfectly knows that in the Seneca's play -as Eliot said -«the drama is all in the word». Therefore Sanguineti creates a new style of translation, that he calls «oracolese»: its idiosyncratic syntax (caused by reproduction of ordo verborum), assonances and alliterations, alienating commixture between high literal tradition and colloquial Italian grammar are strictly related to the mise-en-scene. Sanguineti realizes that Seneca's dramas' static plot has a special strength and -because «in translation there is no other speaker than translator»this is the strongest relation with the original, the only point of contact possible. Nell'ormai ricca bibliografia dedicata all'attività traduttoria di Edoardo Sanguineti, non mi pare esista uno studio complessivamente dedicato alla Fedra di Seneca, primo esperimento di traduzione dal latino, commissionatogli da Luca Ronconi per la messinscena al Teatro Stabile di Roma del 1969. Di quella rappresentazione restano oggi solo poche foto, a corredo di articoli che uscirono sulla stampa del tempo, impietosa tanto nei confronti dello spettacolo, quanto della traduzione 1 . È doveroso citare, per il suo ca-1 Nicola Chiaromonte giudicava la rappresentazione al Teatro Stabile di Roma «noiosa», «malgrado il nobilissimo atteggiarsi e la bella dizione di Lilla Brignone in Fedra, mal grado la sobrietà di Mariano Rigillo nella declamazione dei cori, e malgrado anche la buona figurazione di Massimo Foschi in Ippolito e di Anita Laurenzi nella nutrice: mentre Gianni Santuccio [nel ruolo di Teseo] ci è parso enfatico più ancora della sua parte (che è dir parecchio) e mentre il giovane Marzio Margine, che recita la parte del messaggero, Erga -Logoi -2 (2014) 2 http://www.ledonline.it/Erga-Logoi rattere emblematico, almeno il contributo di Ezio Cadoni 2 . Lo studiososuperando il taglio giornalistico di tante recensioni -abbozzò un rapido resoconto delle scelte linguistiche e stilistiche del traduttore, e tuttavia i suoi giudizi finirono per allinearsi a quelli della critica coeva. Egli parla espressamente di «declamazione fastidiosissima» e di «oratoria controproducente sulla scena»: dimenticando, però, che l'accusa di «esasperata letterarietà» aveva riguardato anche il testo di partenza 3 . A dispetto del titolo prescelto per il suo contributo (la Fedra di Seneca-Sanguineti, appunto), Cadoni -e il suo tempo -non hanno adeguatamente tenuto conto dell'originale. Un'impostazione metodologica che non mette al riparo dal rischio di cedere a considerazioni del tutto soggettive. In primis, quelle derivanti dal prendere in esame soltanto il secondo termine del binomio originaletraduzione, formulando relativamente a quest'ultimo giudizi di puro gusto (spesso associato a una pregiudiziale negativa). La leggerezza di metodo, denunciata già dallo stesso Sanguineti in Teatro antico 4 , è stata superata solo recentemente da una serie di pubblicazioni che, riportando in primo piano la questione della stratificazione delle lingue storiche, ha proposto di considerare l'originale non come un monumento immobile nel tempo, ma come un laboratorio in continua attività 5 . L'assunto, pienamente accettato per la lingua d'arrivo, risulta tuttavia indigesto proprio in rapporto al testo di partenza, in virtù del suo status di classico e della sua auctoritas. Sulla scia delle prospettive inaugurate dall'estetica fenomenologica di Luciano Anceschi 6 , la proposta è stata quella di sostituire alla domanda di tipo metafisico: «Si può tradurre?», la domanda di tipo fedovrebbe essere semplicemente mandato a scuola [...]. Ronconi sembra aver voluto [...] raggelare, classicheggiare e declamare». Chiaromonte criticò anche la traduzione sanguinetiana: «Declamati come li fa declamare Ronconi, nella prosa non sempre felice di Edoar do Sanguineti, i versi di Seneca perdono anche quel tanto che di drammatico che pure, di quando in quando, hanno» (Chiaromonte 1969). Critico anche Elio Pagliarani, che pur apprezzando la traduzione sanguinetiana («[...] ne spreme tutta la freschezza possibile») definì lo spettacolo di «una noia fitta, invincibile e banale, malamente travestita da spettacolo culturale» (Pagliarani 1969). 2 Cadoni 1971, 284-288. 3 «La convenzionalità, l'esteriorità, l'esasperata letterarietà rivelano che la forma tragica ha perso il rapporto primario con il suo contenuto ed è perciò attraversata da un profondo disagio» (Petrone 1981, 358). 4 «Nelle mie traduzioni si sono sempre cercate soltanto le affinità con la mia scrittura [...]. Gli specialisti del greco e del latino, quando sono intervenuti, l'hanno fatto al massimo in veste di recensori, con commenti in verità molto generici -traduzione bella o bizzarra o forzata -e raramente con osservazioni puntuali» (Sanguineti 2006a, 17) . 5 Per una panoramica si vedano
doi:10.7358/erga-2014-002-band fatcat:ld3ujdg3lfcibljbpfwwcgngye