Simenon e sua madre: un apparente controcanto
Lionello Sozzi
2011
Studi francesi
Simenon e sua madre: un apparente controcanto ...ti ringrazio ...dell'ironia che hai messo sul mio labbro, mite come la tua. Quel sorriso mi ha salvato da pianti e da dolori. Salvatore Quasimodo, Lettera alla madre Se, nella tradizione, la figura materna ha il volto di colei che sa, che ama, che prevede, che intuisce, che perdona, la lettera di Simenon sembra voler formulare un discorso antitetico: apparentemente, né la madre sa nulla, né lo scrittore sa nulla di lei. Si chiede se la sua
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... in quella camera d'ospedale in cui attende la morte, le faccia piacere. Niente sa intuire di quel che le si agita nell'animo. D'altronde, al cospetto della morte, dice, ci si interroga «sincèrement, sans aucun faux-fuyant» 1 . La lettera inizia con la formula tanto consueta quanto anodina: Ma chère maman ma subito dopo afferma, contro ogni possibile presupposto d'intesa, l'idea di un'estraneità, che in un altro contesto corrisponde al «vide qui peut exister entre deux générations» 2 . Estranee sono per lei le persone che vanno e vengono nella stanza, ma un étranger, forse, le appare anche suo figlio. Anche lì, in ospedale, i due sono, in fondo, «deux étrangers qui ne parlent pas la même langue» 3 . Si fonda, questo non conoscersi, su un dato di fatto che riguarda tutti gli esseri umani: si parla di umanità, ma in realtà «nous ne connaissons pas les gens qui vivent porte à porte avec nous, ceux que nous croisons tous les jours dans la rue, ceux avec qui nous travaillons côte à côte» 4 . Qui emerge il radicale pessimismo simenoniano: l'umana fraternità gli sembra, verosimilmente, un luogo comune, contraddetto dall'evidente realtà della reciproca incomprensione o non conoscenza. Ma l'incomprensione può anche essere un disamore. Sin dall'inizio della lettera s'incontra la frase lapidaria: «Nous ne nous sommes jamais aimés de ton vivant, tu le sais bien». E l'autore aggiunge: «Tous les deux, nous avons fait semblant» 5 . Come dire che il rapporto si è basato sulla finzione. Più avanti ammette: «Il n'y avait jamais eu de véritable intimité entre nous» 6 . Ricorda anche, nella stessa pagina, ma sans rancune, un episodio di materna violenza: «Il y avait en toi quelque chose d'excessif que tu ne pouvais pas contrôler». Ricorda anche un'assurda frase della madre, secondo cui dei suoi due figli sarebbe stato meglio che morisse proprio lui, Georges, e non quello che è realmente scomparso e che era da lei preferito 7 . Allora, se tale è, tra madre e figlio, la penosa distanza, non c'è da esser sorpresi della domanda che la madre gli fa quando lui va a trovarla: «Pourquoi es-tu venu, Georges?», né della domanda che lui vorrebbe farle e fa a se stesso: «Aurais-tu été réellement déçue ou peinée si je n'étais pas venu?», ove torna l'idea dell'incomprensione, del conflitto 8 . Madre e figlio, così, si guardano in silenzio, senza saper cosa dire o, per lo meno, senza dir nulla di quel che si agita nel loro animo. Il figlio si chiede Lionello Sozzi
doi:10.4000/studifrancesi.4879
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