Università degli Studi di Bologna Alma Mater Studiorum Dottorato di Ricerca in Archeologia, XIX ciclo L-OR/02 EGITTOLOGIA E CIVILTÀ COPTA IL TERRITORIO DEL FAYYUM NELL'ANTICHITÀ: IL SISTEMA IDROGRAFICO TRA CONTINUITÀ E INNOVAZIONE

Presentata, Dott Ssa, Anna Morini, Chiar Mo, Pernigotti, Chiar Ma, Raffaella Campanati
2006 unpublished
Gli studi recenti 7. La gestione del territorio dalle origini al tardo antico. 7.1. Antico Regno 7.2. Medio Regno 7.3. Epoca Tolemaica CAPITOLO 2. INTRODUZIONE STORICA Storicamente, il Fayyum svolse un ruolo fondamentale nella nascita della civiltà egiziana, come attestano le numerose tracce di attività agricola tra le più antiche dell'intero Egitto. Parte integrante del territorio egiziano fin dall'inizio dell'età faraonica, nel corso della sua lunga storia fu oggetto di importanti opere di
more » ... ifica per guadagnare nuove terre all'agricoltura. Molti sono i siti preistorici attestati in gran parte della regione, che hanno permesso di individuare due fasi culturali specifiche durante il Neolitico, il Fayyum B e Fayyum A. I siti preistorici sono particolarmente numerosi lungo le sponde settentrionali. Nel corso degli anni essi sono stati posti in luce per il lavoro di varie équipe di ricerca 1 . Le ricerche di Caton-Thompson e Gardner, nell'area di Qasr el-Sagha, portarono ad individuare due nuove entità culturali. La cultura Fayyum A è stata definita in base agli ampi insediamenti rinvenuti nella zona, come una cultura neolitica che utilizza intensamente la coltivazione di cereali (orzo e frumento), accanto a domesticazione di ovini. Questa coltura presenta strumenti a ritocco bifacciale per il lavoro agricolo e una certa abbondanza di recipienti ceramici destinati a contenere i prodotti coltivati. L'altra cultura, definita Fayyum B, fu considerata più tarda dalle stesse autrici, benché mostrasse aspetti stilistici dell'industria litica decisamente più arcaici, quali gli strumenti a bordo abbattuto, destinati evidentemente ad attività di pesca, e una totale assenza di ceramica. Queste caratteristiche vennero spiegate con il ritorno dei gruppi umani a un'economia di caccia e pesca dopo l'esperienza dell'agricoltura. La cronologia relativa dei due aspetti (Fayyum A e B) si basava sulla giacitura dei siti rispetto alle quote di livello del lago. Gardner e Caton-Thompson fondarono la loro ipotesi sul presupposto che il livello del Birket Qarun fosse andato abbassandosi gradualmente nell'arco di tempo tra Pleistocene Finale e Olocene Iniziale. Di conseguenza i siti che si trovavano a una quota più alta, come appunto quelli di facies Fayyum A, dovevano essere più antichi di quelli che si trovavano più in basso. Questa ricostruzione venne ben presto messa in discussione; solo due anni più tardi Little 2 , indagando la conformazione geomorfologica della regione di Hawara e il regime degli affluenti del lago, si espresse a favore, invece, di una fluttuazione periodica nel regime delle acque in tempi preistorici. Questa intuizione venne sviluppata più a fondo dalle indagini della Combined Prehistoric Expedition durante gli anni sessanta 3 . Esse servirono a mettere in luce quattro fasi di avanzamento, separate da fasi di recessione, del Birket Qarun (definite: Paleomoeris, Premoeris, Protomoeris e Moeris). La più antica poteva farsi risalire all'incirca al 7000 a.C., la più recente all'Antico Regno. Tali avanzamenti e recessioni avevano variamente influenzato le aree di abitato presso la sponda del lago e richiedevano un'interpretazione più articolata di quella fornita da Gardner e Caton Thompson. La revisione operata da Wendorf e Schild 4 , mentre mantiene l'unità Fayyum A come unità Neolitica così come era stato indicato dagli studi precedenti, distingue nettamente l'unità Fayyum B, ribattezzata "Qaruniano" e attribuita all'VIII-VII millennio a.C., come espressione di una cultura di pura caccia-raccolta, ancora nella tradizione epi-paleolitica. Le occupazioni Qaruniane hanno l'aspetto di accampamenti mobili di piccoli gruppi di cacciatoriraccoglitori. A differenza delle occupazioni più tarde, del Fayyum A, esse non contengono alcun materiale da macina. I siti indagati sono dislocati in posizione eminente lungo le sponde del lago e testimoniano una pluralità di occupazioni ripetute con cadenze stagionali. Probabilmente essi venivano frequentati prima del pieno dell'inondazione, o quando le acque iniziavano a recedere. Quando invece l'inondazione raggiungeva il suo massimo venivano abbandonati. Il tipo di fauna riconosciuta comprende specie terrestri, numerosi uccelli lacustri, resti di struzzo e tartarughe, e numerose varietà di pesci. Gli scarsi resti di piante rinvenuti testimoniano la continuazione di pratiche di raccolta di 1 8 labirinto, cerca l'entrata della piramide 16 , etraccia l prima pianta del sito. Nel 1862 l'italiano L. Vassalli intraprende nuovi scavi 17 . I primi scavi sistematici furono quelli di Petrie tra 1888-1889 e nuovamente nel 1910-1911 18 , con l'indagine completa dei resti del labirinto, delle necropoli e l'apertura della piramide. Anche in questo caso la sua piramide si compone di un nucleo in mattoni e un rivestimento in calcare bianco, rimosso in epoca romana. L'accesso si trova sul lato meridionale, tramite una scala e un corridoio discendente attualmente sotto il livello della falda freatica. L'interno della piramide si sviluppava in una serie di corridoi che si diramavano in varie direzioni e su livelli diversi. La stanza del sarcofago si trova ad un livello più elevato, ad ovest rispetto al centro della piramide. Qui compare un originale tipo di bloccaggio con lastre a scorrimento laterale e soprattutto un nuovo concetto di camera del sarcofago, non costruita nel corso dei lavori, ma ricavata da un singolo blocco di quarzite, di forma rettangolare (7 x 2,5 x 1,83 m), del peso di circa 110 tonnellate. Sepoltura al centro della piramide, con corridoi attorno ad un unico blocco di quarzite. La piramide fu violata già in epoca antica e all'interno vennero ritrovati solo i resti di un sarcofago interno bruciato, probabilmente rovinato dagli antichi saccheggiatori e un secondo sarcofago in legno, in un'anticamera. Su una tavola per offerte in alabastro si trova il nome della principessa Neferuptah, figlia del re. Inizialmente si ritenne che la principessa fosse stata sepolta insieme al padre, poi, qualche anno più tardi, a circa 2 chilometri a sud-est di Hawara, venne identificata la vera sepoltura di Neferuptah 19 , una piramide in rovina all'interno della quale venne ritrovata la sepoltura, all'interno di tre sarcofagi, uno dentro l'altro: uno esterno in granito, uno intermedio in legno, in origine ricoperto con lamina d'oro con iscrizioni, e uno interno antropoide in cui sono stati trovati i resti della principessa. Come da tradizione, anche la piramide di Amenemhat III ad Hawara era al centro di un complesso funerario che comprendeva una serie di edifici legati al culto del sovrano defunto. Di particolare interesse è il tempio funerario, il cosiddetto Labirinto di cui parlano le fonti classiche. Lo storico greco Erodoto lo descrive come un edificio straordinario, anche Strabone, Diodoro Siculo e Plinio il Vecchio lo descrivono come una costruzione immensa, composta da una serie di stanze, corridoi, cortili e gallerie sotterranee su più piani. Di questa meraviglia dell'antichità attualmente non rimane che un vago ricordo in una depressione sul lato meridionale della piramide di Hawara, con qualche blocco iscritto, frammenti di statue e colonne affioranti dalla sabbia 20 . Fin dalla tarda epoca romana l'edificio è stato sfruttato come una cava di pietra e materiali edilizi. A complicare la situazione, il sito dell'antico labirinto, nella zona sud-ovest è tagliato da un canale scavato nel XIV secolo che si dirama dal Bahr Yussuf e va ad irrigare il margine orientale del Fayyum. Gli scavi effettuati dall'archeologo inglese W.M.F. Petrie alla fine dell'800 non sono riusciti chiarire la situazione; tuttavia il ritrovamento di iscrizioni contenenti il nome di Amenemhat III confermarono che si trattava del tempio funerario di questo sovrano. Sicuramente doveva trattarsi di un edificio differente per pianta e tipologia da quelli precedenti, di forma quadrangolare e di notevoli dimensioni. Il tempio era dedicato al culto del sovrano defunto, ma anche al sovrano stesso associato ad altre divinità, come dimostrano i frammenti di statue del dio coccodrillo Sobek, e della dea Hathor rinvenuti tra le rovine. Tra i frammenti del labirinto sono state trovate numerose statue, tra cui un'immagine di Amenemhat III seduto in trono (CG 385), naoi con due sovrani, rilievi con iscrizioni con i nomi di Sobek di Shedet, Horo, Amenemhat III, frammenti di statue di Seobek, e Hathor. Tra le rovine si trovano numerose iscrizioni che riportano il nome della regina Sobekneferu, figlia di Amenemhat III, che salì al trono col titolo di faraone dopo il breve regno di Amenemhat IV, e che si impegnò a completare i lavori del complesso funerario del padre. 9 Sulla sponda settentrionale del Birket Qarun, in pieno deserto, si trova un altro piccolo tempio in pietra, conosciuto col nome arabo di Qasr el-Sagha "il palazzo dei gioielli". Il tempio, senza iscrizioni, presenta un'insolita struttura interna a sette celle. 21 Nei pressi del tempio sono stati rinvenuti i resti di un insediamento pianificato contemporaneo alla costruzione del tempio, probabilmente destinato ad ospitare il personale addetto alla costruzione e al culto. A Biahmu, all'interno della zona agricola, circa 7 km a nord di Medinet el-Fayyum si trovano due alti piedistalli di calcare, ciascuno circondato dai resti di un pavimento e di un muro perimetrale. Sono i cosiddetti colossi di Bihamu, due statue colossali sedute raffiguranti Amenemhat III 22 , in quarzite, rivolte verso il lago, collocate alti piedistalli di calcare 23 , ciascuno circondato dai resti di un pavimento e di un muro perimetrale. È quello che resta di un monumento unico nel suo genere, che in origine prevedeva due statue colossali sedute, in quarzite, rivolte verso il lago, collocate sui piedistalli. È in questo particolare monumento che vanno identificate le due piramidi viste da Erodoto al centro del lago durante la sua visita e che hanno alimentato interpretazioni fantasiose nel corso degli studi. Del capoluogo del Fayyum, l'antichissima Shedet, che in origine copriva un'area di più di 4 km 2 , oggi rimangono solo cumuli di macerie all'interno della moderna città di Medinet el-Fayyum, detti Kiman Fares. Del tempio di Sobek di Shedet, che in origine copriva più di 4 km 2 , oggi quasi completamente inglobati dalla città moderna rimangono solo elementi architettonici sparsi, rocchi di colonne, frammenti di statue, blocchi con raffigurazioni a bassorilievo e iscrizioni geroglifiche e frammenti ceramici. 24 Nel tempio di Sobek Amenemhat III eresse una vasta sala ipostila con 16 colonne papiriformi, alte più di 7 metri, in granito rosa ricoperte da iscrizioni, di cui sono stati trovati i resti. Si tratta di un'aggiunta ad un edificio templare esistente. Dalle rovine del tempio provengono anche blocchi architettonici, tavole per offerte, e frammenti di statue, tra cui un busto in diorite conservato al Museo del Cairo che rappresenta lo stesso Amenemhat III come sacerdote, di straordinario impatto emotivo. Nell'anno 19 del suo regno venne effettuata una spedizione nello Wadi Hammamat per portare statue per la piramide di Hawara e per il tempio di Sobek di Shedet. Il forte legame di Amenemhat III con il dio Sobek non si limitò solo all'ampliamento del santuario principale del dio, Sobek divenne un dio dinastico, per l'associazione con Horo, che a sua volta si identifica con il sovrano regnante. Esemplificativo dell'intervento di Amenemhat III nel Fayyum è la fondazione di nuovi insediamenti, atto che rientrava nel progetto di bonifica e valorizzazione della regione. Di questi conosciamo solo l'insediamento di Gia, l'attuale Medinet Madi, nel Fayyum sud-occidentale, l'unico esempio giunto fino a noi di queste nuove fondazioni dove si è conservato uno dei rarissimi esempi di architettura religiosa del Medio Regno, mantenuto e inglobato negli ampliamenti fatti durante il periodo tolemaico e romano. Si tratta di un edificio di modeste dimensioni, orientato nord-sud, e composto da due ambienti, una piccola sala ipostila con due colonne papiriformi, al fondo della quale si apre una porta che dà accesso al santuario vero e proprio con tre nicchie sulla parete di fondo, destinate ad ospitare le statue del culto. La fondazione del tempio si deve allo stesso Amenemhat III, che ne iniziò la decorazione, terminata poi dal figlio Amenemhat IV. Nella disposizione delle scene decorative si rispecchia l'opera dei due sovrani, la parte occidentale è opera di Amenemhat III, quella orientale di Amenemhat IV. Il santuario era dedicato alla dea cobra "Renenutet viva di Gia", e proprio nell'epiteto "viva" si deve probabilmente intendere che all'interno del tempio era adorato un cobra vivente, come manifestazione della dea. Al culto era associato anche il grande dio della regione, il coccodrillo Sobek. Di particolare interesse sono i rilievi che decorano le pareti interne del tempio. Nella sala di ingresso si trovano, a ovest una scena di purificazione rituale, e a est la scena di fondazione dell'edificio, con l'atto del "tendere al fune", con il sovrano che pianta dei picchetti nel terreno per delimitare l'area su cui verrà edificato il tempio. Sulla parete di fondo della sala ipostila, i due sovrani sono rappresentati mentre entrano nel tempio, 21 Arnold 1979. 22 Habachi 1941 Con un'altezza complessiva di 18 m.
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