ISLL Papers Table of Contents The Online Collection RIFLESSIONI INTORNO ALL'ERMENEUTICA DELLA METAFISICA DELLA PRESENZA DELL'ASSENZA ISLL Papers "COMO SI DE UNA BALANZA SE TRATARA": CONSIDERACIONES ACERCA DE UNA METÁFORA JURÍDICA ISLL Papers "Como si de una balanza se tratara": Consideraciones acerca de una metáfora jurídica
Maria Borrello, Riflessioni, Maria Borrello, Maria Borrello, Miguel Fernández Núñez, Miguel Fernández Núñez
unpublished
intorno all'ermeneutica della metafisica della presenza dell'assenza (Some considerations on the hermeneutics of "the metaphysics of presence of absence") Miguel Fernández Núñez, "Como si de una balanza se tratara": Consideraciones acerca de una metáfora jurídica (Some considerations on the scales as a legal metaphor) Flora di Donato, Le récit comme outil d'analyse juridique : perspectives 'top down' et 'bottom-up'. Le cas de l'integration des étrangers en Suisse Orlando Roselli, Il diritto
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The paper aims to consider the "hermeneutics of the presence of absence", for which language expresses meaning through something that it is not given, as that key. In this perspective, it focuses on the word "lalangue" by which Lacan indicates meaning's ability to overcome the words and to place itself in a musicality conceived as a combination of "heard words" and "heard but not perceived words". In that musicality lies the authenticity of the meaning that one can seize in hearing what the words don't say. What word doesn't say, therefore, allows us to access to the truth: a passage through which the understanding realizes itself out of a temporal dimension (since time doesn't dominate cognition). The possibility of the true meaning resides in this idea of passage, in its emergence and disappearance. Introduzione "Invocare la temporalità per definire quel che è "umano" è, certo, pertinente, risiede lì la condizione di "umano": nell'essere mortale. Ma è diverso dal dire che la cognizione è sapere perché trascrizione dell'azione del tempo" 1 . Non si può dunque ricondurre il senso entro una concezione temporale che, in quanto rappresentazione finita, porterebbe alla sua definizione: come se il senso arrivasse, grazie all'azione del tempo, alla fine; come se la possibilità del senso fosse sempre già inscritta nella sua fine. Se la fine segna la condizione dell'umano, la traslazione per la quale l'apprensione del senso dipenderebbe ugualmente dall'iscrizione di un momento ultimo si rivela metodologicamente erronea 2 . L'accedere al senso si realizza invece attraverso un percorso differente, di cui è possibile dare conto razionalmente 3 . Questa è 1 P. NERHOT, La metafisica della presenza dell'assenza. Due conferenze, Mimesis, Milano, 2014, p. 24. 2 Non si può, in effetti, nascondere la costruzione tautologica su cui tale impostazione si regge. Il senso sarebbe possibile, congruentemente con tale assunto, solo come "effetto di ritardo", vale a dire come rivelazione inscritta in una fine capace di rivelare il senso del suo inizio. In altri termini, il dopo (la fine) esprimerebbe il senso del prima (inizio) secondo una articolazione temporale che lega causalmente i due termini assunti e che costruisce così una totalità, una pienezza capace di rendere il senso totalmente apprensibile e disponibile. La riflessione filosofica sembra rintracciare per lo più in tale struttura temporale la spiegazione della modalità con la quale si svolge l'attività cognitiva; celeberrima, in questo senso, la riflessione hegeliana: "Del resto, a dire anche una parola sulla dottrina di come dev'essere il mondo, la filosofia arriva sempre troppo tardi. Come pensiero del mondo, essa appare per la prima volta nel tempo, dopo che la realtà ha compiuto il suo processo di formazione ed è bell'e fatta. Questo, che il concetto insegna, la storia mostra, appunto, necessario: che, cioè, prima l'ideale appare di contro al reale, nella maturità della realtà, e poi esso costruisce questo mondo medesimo, colto nella sostanza di esso, in forma di regno intellettuale. Quando la filosofia dipinge a chiaroscuro, allora un aspetto della vita è invecchiato, e, dal chiaroscuro, esso non si lascia ringiovanire, ma soltanto riconoscere: la nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo". Così in G. W. F. HEGEL, Lineamenti di filosofia del diritto, Prefazione, Laterza, Bari, 1965, pag. 17. La costruzione di Nerhot intende invece propriamente contestare tale impostazione, della quale rivela gli errori metodologici. 3 Precisamente secondo questa linea di analisi si sviluppa l'indagine metodologica di Patrick Nerhot, formalizzata compiutamente nel testo La metafora del passaggio, Cedam, Padova, 2008 e che trova nei due testi qui commentati un'ulteriore occasione di definizione. Questa impostazione risulta evidentemente critica nei confronti della costruzione, generalmente assunta, del concetto di storia, nella misura in cui quest'ultima viene ricondotta a una derivazione (il passato e il presente sarebbero causalmente legati, per cui sarebbe da ricercare nel primo il principio spiegazionale del secondo). L'approccio filosofico che propone l'autore procede dal rilevare invece come il passato sia sempre il "prima" di un "dopo". Questo implica una concezione del tempo rovesciata, che evidenzia quindi nella contraddizione che manifesta, l'inutilità della rappresentazione temporale ai fini della comprensione del processo conoscitivo. Con le parole dell'autore, La metafisica ISLL Papers, 2016 (Vol. 9) 3 Primo percorso. Il passaggio La riflessione filosofica elaborata nella prima conferenza convoca "la metafora del passaggio" 6 : attraverso questa metafora Nerhot identifica la struttura tramite la quale il senso si dà e una conoscenza, un sapere, si elabora senza che sia chiamata in causa la dimensione temporale; in effetti, precisa: "Il passaggio non traduce una verità temporale, una verità per temporalità del tempo; il passaggio indica che il senso si costituisce come un ciò che "è" tramite ciò "che non è"" 7 . Vi è in altri termini qualcosa di ineffabile, o più propriamente indicibile, che consente di accedere al senso; qualcosa che non è, ma secondo una modalità che non ha nulla a che fare con un passato (per cui questo "ciò che non è" tradurrebbe l'idea di qualcosa che non è più, o di qualcosa che non è stato, come a indicare uno scarto temporale con "ciò che è", perché non avvenuto o non ancora avvenuto): il senso non è nell'avvenuto, vale a dire nella scansione temporale che trasforma il presente in passato, consegnando a quest'ultimo la pienezza del senso; il senso si realizza invece in ciò che passa passando, in ciò di cui quel passaggio si costituisce, in ciò che "si annuncia cancellandosi" 8 . Senza ritenzione possibile, senza che si possa condurre il senso entro una definizione che lo collocherebbe entro uno spazio di tempo (il definito), senza che le categorie della temporalità intervengano, senza provenire quindi da alcuna temporalizzazione. Non vi è, in effetti, nel passaggio alcuna temporalità: esso indica l'attraversare che presuppone un procedere in cui ogni punto raggiunto implica un nuovo avvio; è così che il passaggio consiste in un'impossibile trattenimento; nulla è ritenuto, trattenuto, si passa, cioè si abbandona ciò che si raggiunge e si procede, senza stasi. Occorre però fare un'essenziale precisazione di metodo: l'aspetto interessante, e certamente originale, di questa impostazione risiede nel fatto che non traduce, nel suo costruirsi, l'idea del procedere verso un ignoto infine raggiunto. Di nuovo, dunque, l'impostazione di Nerhot risulta critica: si oppone infatti alla generale rappresentazione che il concetto di passaggio esprime, per il quale accedere al senso corrisponderebbe all'espletamento di un percorso, con un inizio e una fine; non vi è, in questo passare, in ciò che passa passando, un "altro" infine raggiunto e che in quanto fine ci consegna il senso; non vi è nulla da "apprendere", nella duplicità che l'etimologia di questo verbo esprime (imparare, ma anche impossessarsi, trattenere) e che possa essere trasformato in altro da sé; è piuttosto in questo passare, in questo andare oltre, in questo "al di là" convocato, in cui non si rintraccia alcuna alterità, che risiede il senso 9 . Il senso si costituisce dunque in ciò che passa passando, si elabora e si definisce come irriducibile detenzione di qualcosa che dunque si afferma cancellandosi, traducendo così un impossibile trattenimento. Quest'ultimo aspetto è fondamentale poiché consente di considerare il sapere, la conoscenza in generale, come inesauribile, sempre rinnovato, espressione di qualcosa che è tramite ciò che non è; questa formula intende propriamente denunciare la non necessarietà di un riferimento all'alterità come struttura della cognizione. Tuttavia, poiché sottrarre la cognizione alla struttura dell'alterità entra in conflitto con il principio spiegazionale generalmente assunto, occorre specificare i termini e le implicazioni di tale esclusione. In particolare, nella costituzione della metafora del passaggio il riferimento all'alterità viene soppiantato dall'evocazione del concetto di "me-6 Su quest'aspetto si veda: P. NERHOT, La metafora del passaggio, cit. 7 Così, P. NERHOT, La metafisica della presenza dell'assenza, cit., p. 12. 8 P. NERHOT, La metafisica della presenza dell'assenza, cit., pp. 15 e seg. 9 La rinuncia all'alterità costituisce uno degli aspetti caratterizzanti la prospettiva filosofica di Nerhot, che si oppone quindi alla gran parte delle riflessioni filosofiche del Novecento. Approfondiremo questo aspetto oltre in questo testo. 10 P. NERHOT, La metafisica della presenza dell'assenza, cit., p. 19. 11 P. NERHOT, La metafisica della presenza dell 'assenza, cit., p. 18. 12 Si inscrive in tale impostazione la riflessione di Derrida, il quale, proprio per ovviare all'inefficienza di questa differenzialità propone e crea il termine di differanza. Nell'impostazione di Derrida la differenza diviene in effetti concetto originario, sempre già presente, dal quale dunque non è possibile uscire. Se la riflessione di Derrida rappresenta una rielaboraizone delle tesi heideggeriane, non si può comunque nascondere, al di là della seduzione della formulazione, la difficoltà teoretica di mantenere questa differenza, che esprime quindi divergenza ma anche differimento infinito, come modalità cognitiva, in grado di dare conto dello scarto così creato tra conoscenza ed essere del mondo. (Il tema della differenza occupa gran parte delle riflessioni derridiane, si rimanda al celebre L'écriture et la différence, Editions du Seuil, Paris, 1967).Tale impostazione è su questa linea argomentativa contestata da Nerhot, il quale propone invece l'assenza non come altro, come l'altro del pensiero e da esso distinto; ma propriamente come medesimezza, che fa si che l'al di là del sapere, il non saputo, ciò che non è ancora stato conosciuto, possa essere pensato propriamente a partire dal sapere. , 2016 (Vol. 9) 5 (pensiero della) differenza, precisamente, se è pensiero dell'indicibile, il pensiero del "medesimo" rimane il pensabile e ciò, per "medesimezza"" 13 . Il riferimento al medesimo non implica un'identità: si avrebbe così una rappresentazione del sapere che si ridurrebbe all'ordine della ripetizione. Per contro, il medesimo evoca una medesimezza, che nulla ha a che fare con l'alterità o l'identità; "Questo medesimo, ovviamente, implica una medesimezza perché non può suscitare un senso come medesimo del medesimo! Pensare così sarebbe un'assurdità. Sapere non significa ripetere. Sapere implica di conseguenza un oltre un medesimo ma che solo il pensiero di un medesimo può guidare. Questo medesimo definisce ciò che fa segno, cioè ciò che mostra e porta alla comprensione del mondo; pone una medesimezza che va oltre quel che sarebbe pensiero per auto evidenza di un medesimo, ovviamente. Ogni pensiero razionale funziona così" 14 . Attraverso l'evocazione di un medesimo, e cioè un al di là del sapere, ma tale attraverso il solo sapere 15 , si può comprendere, si può pensare ciò che pure resta dell'ordine dell'indicibile. "Quest'indicibile, il non saputo, non solo non è un ostacolo al sapere ma, al contrario, ne istituisce la condizione di possibilità con questo pensiero stesso del medesimo" 16 . La comprensione, in altri termini, si realizza in quanto la medesimezza traduce, costituisce il passaggio. Adottare la prospettiva del medesimo consente allora di ricondurre la comprensione a una rappresentazione del passaggio. Il senso, cioè, è passaggio o, con le parole di Nerhot, è in "ciò che passa passando". In questo senso, il medesimo è espressione di una trascendenza, la medesimezza appunto, capace di suscitare un senso; così si convoca una metafisica, che deve esser tuttavia correttamente compresa come "metafisica della presenza dell'assenza" 17 . ISLL Papers Un'assenza presente, presenza di un'assenza, che indica l'ineluttabilità di una mancanza e la sua imprescindibilità metodologica; un assente appunto cionondimeno presente, in quanto possibilità stessa di ogni conoscenza. In virtù di questa assenza, che è onticamente indicibile, ogni dire diviene possibile, ogni indagine conoscitiva può essere avviata, ogni conoscenza infine può realizzarsi. La metafisica della presenza dell'assenza definisce l'approccio metodologico da assumere laddove si voglia comprendere come si accede al senso, come si realizza quel processo "misterioso" 18 che trasforma un "non saputo" in un sapere, in una conoscenza: essa insegna che qualcosa è tramite ciò che non è 19 . In 13 P. NERHOT, La metafisica della presenza dell'assenza, cit., p. 20. 14 P. NERHOT, La metafisica della presenza dell'assenza, cit., p. 18. 15 P. NERHOT, Prima conferenza, afferma in particolare, p. 15: "Trascrizione della rappresentazione di un sapere, il non saputo, lungi dal consistere in un estraneo del sapere, ne è invece una manifestazione. L'al di là del sapere, così come per esempio nominiamo la "creazione", implica la possibilità di pensare il non saputo, possibilità che può solo rimandare al sapere. È a partire da queste considerazioni, elementari, è vero, che bisogna introdurre il pensiero del "medesimo" e dedurne che "l'alterità" non potrà mai rappresentare la primissima questione di metodo". 16 P. NERHOT, Prima conferenza, p. 22. 17 Viene così precisato nel testo, p. 11: "Il dopo implica necessariamente il pensiero del "medesimo", altrimenti come si potrebbe pensare un "non saputo"? Possiamo pensare solo attraverso quel che costituisce il nostro sapere". 18 Uno dei tratti distintivi della riflessione di Nerhot rinvia alla denegata possibilità di individuare una vera e propria distinzione tra un approccio religioso e quello a esso generalmente opposto e che si rivendica autenticamente razionale. Egli afferma: "Questa metafisica della presenza dell'assenza che propongo, fa sì che la questione di metodo qualifichi come secondaria l'opposizione religioso-profano: bisogna pensare la questione dell'"essere" al/del mondo come ciò che è tramite ciò che non è, senza riferirsi a quel che sarebbe un agire del tempo", La metafisica della presenza dell'assenza, cit., p. 16. Nerhot evidenzia come in effetti, dal punto di vista metodologico, la struttura entro la quale si sviluppano i due approcci, profano e religioso, sia esattamente la medesima. Se in effetti, il pensiero religioso trova in un indicibile -Dio -ciò che apre ogni ragionare, altrettanto può dirsi del pensiero profano che, in accordo con l'assunto per il quale "il prima è sempre prima di un dopo", si manifesta sempre a partire da un indicibile, vale a dire, l'oggi, quel dopo indagato e che è pure sempre momento primo del ragionare. Il "mistero" rivela allora un'istanza metodologica fondamentale e imprescindibile, propriamente quella di un indicibile che avvia ogni indagine conoscitiva e a partire dalla quale si manifesta,si esprime e si esplica la razionalità. 19 L'ermeneutica della presenza dell'assenza, qui ripresa, è stata formulata già nel testo: P. NERHOT, La metafora del passaggio, cit. Tale principio ermeneutico trova in questi testi una nuova occasione di definizione Abstract This paper is focused on the scales as a symbol of Justice. Scales is a legal metaphor that has survived over the centuries, although in many successive symbolic systems. The contribute aims to clarify the meaning of this icon in the history -through an analysis of some diachronic elements -to understand which sense it assumes nowadays.
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