VIRTÙ, UMANIZZAZIONE E CRIMINI CONTRO NATURA. ALCUNE OSSERVAZIONI SULLA "FILOSOFIA DELLA CONQUISTA"
D Juan, Ginés De Sepúlveda
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Il processo storico della conquista spagnola dell'America Latina può essere totalmente compreso non soltanto alla luce delle particolari circostanze che ne influenzarono il corso, ma soprattutto analizzando le idee che lo determinarono. È indubbiamente difficile, entrando in argomento, evitare di ribadire la già ben nota gravità delle azioni perpetrate ai danni delle popolazioni native, oppure il fatto che il pensiero che ne promosse e giustificò le intenzioni e le modalità di svolgimento sia
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... accettabile per la sensibilità attuale. Sintetizzare queste precisazioni, per concentrare lo studio sulla filosofia in base alla quale si articolarono e legittimarono i fatti accaduti, non implica trascurarne l'indispensabile analisi, ma, al contrario, si propone di suggerirne un'interpretazione che ne rintracci le connessioni interne da un punto di vista teorico: in questa sede, l'obiettivo principale è la presentazione dei principali risultati di un percorso di ricerca attualmente in via di approfondimento. L'espansione coloniale di età moderna tendeva alla riproduzione forzata, nelle terre conquistate, di modelli sociali, politici, religiosi e culturali europei, con ogni mezzo possibile. A questo proposito, in studi recenti di ambito filosofico latinoamericano si è giustamente parlato di «inculturización» 1 : il pretesto dell'evangelizzazione non presupponeva soltanto un intervento di acculturazione, ma anche di una volontà di totale trasformazione dei codici di comportamento degli indios, in senso assimilazionistico. La «civilizzazione» era cioè intesa, più che come un semplice indottrinamento, come un processo di umanizzazione, una costrizione all'abbandono di credenze e costumi ritenuti dai conquistatori europei incompatibili con una pacifica convivenza interindividuale, perché associati ad una dimensione primitiva, involuta, relazionata ancora troppo profondamente con il mondo animale. Questo era un aspetto che molte teorie trattavano esplicitamente, e che, come si vedrà, risulta determinante nell'argomentazione dello stesso Juan Ginés de Sepúlveda, il quale sosteneva la necessità di convertire gli indios da barbari e «quasi uomini», in esseri «umani e civilizzati»; dove nel testo originale in latino, ad ogni occorrenza della parola «civilizado» corrisponde proprio il termine «humano» 2. Se questa conquista-che più che mai si è rivelata un cum-quaerere, un "far proprio" non solo un territorio, ma un intero universo culturale-aveva una connotazione domesticante, ovvero veniva considerata una specie di «educazione all'umanità» 3 , era perché il nativo era a priori concepito come essere caratterizzato da una forte componente di bestialità: questo tratto distintivo ha fornito la prima "giusta causa" dell'uso della forza. In termini rispondenti al pensiero dell'epoca, era quasi inutile cercare di fare leva su volontà e ragione, ma le strategie più adeguate alla condizione di "irrazionalità" di quelle popolazioni avrebbero
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